a cura di Stefano Papetti –
La città di Senigallia è stata nel corso dei secoli un centro di grande smercio anche di opere d’arte in occasione della rinomata fiera dedicata a sant’Agostino che annualmente richiamava mercanti ed appassionati da ogni angolo d’Europa del Nord e dell’Est. Senigallia torna ad accogliere i capolavori di alcuni grandi maestri che nel corso dei secoli hanno contribuito ad arricchire i centri adriatici con le loro opere, animando quella che Federico Zeri e Pietro Zampetti hanno ribattezzato “cultura adriatica”: questo complesso processo di osmosi figurativa che ha accomunato le esperienze artistiche delle due sponde, sarà illustrato attraverso una selezione di opere provenienti dalla Pinacoteca Civica di Montefortino e da altre istituzioni legate alla rete museale dei Sibillini, luoghi profondamente segnati dai recenti eventi sismici. Si tratta di una stupefacente serie di capolavori che dialogano con il patrimonio artistico conservato a Senigallia, come la piccola tavola di Perugino, autore anche della monumentale ancona della chiesa di Santa Maria delle Grazie che attesta la grande diffusione del verbo peruginesco nel vasto territorio centro italiano, ma anche le tavole di Vittore Crivelli che testimoniano la fortuna dello stile forbito elaborato nelle fiorenti botteghe lagunari in continuo dialogo con il contesto adriatico. La esposizione si estende fino al Settecento, con una serie di dipinti di Corrado Giaquinto, l’artista pugliese che ha operato nelle maggiori capitali italiane ed europee muovendo da Molfetta per poi approdare a Roma, Torino e Madrid dove riscosse incondizionati apprezzamenti per la leggiadria delle sue composizioni. Sui banchi della fiera di Senigallia non era poi difficile trovare in vendita anche le nature morte di affermati specialisti italiani del genere, opere di grande successo per il loro valore decorativo che nella mostra è testimoniato dalle tele di due pittori come Spadino e Cristoforo Munari. Spetta al pittore Fortunato Duranti ( Montefortino, 1787-1863) il merito di aver raccolto queste importanti testimonianze della cultura figurativa rococò che fanno dell’artista marchigiano un precursore, nel pieno della stagione romantica, della riscoperta dell’arte barocca: un interesse che testimonia la grande autonomia culturale del pittore marchigiano, educato al rigore ed alla compostezza dell’ arte neoclassica ma incline ad uno spirito visionario partecipe della poetica romantica del Sublime. Nei vasti saloni del Palazzo del Duca troveranno posto le monumentali pale d’altare che, disposte in ordine cronologico, consentiranno di effettuare un affascinante percorso stilistico ed iconografico attraverso la religiosità popolare marchigiana, mentre negli ambienti più raccolti del piano nobile saranno esposte le tele sei e settecentesche, secondo un ordinamento che terrà conto dei soggetti e delle correnti figurative.
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